Procida

Una spettacolare scenografia di case che guardano il mare, tutte di colori e tonalità diverse arditamente accostate. Ė grazie a questa particolare consuetudine che i marinai procidani sono sempre riusciti a individuare immediatamente i luoghi dei loro affetti, osservandoli da quel mare che è esso stesso casa per i figli dell’isola. Ed è quello anche il primo segno distintivo con cui Procida si presenta ai turisti che approdano a Marina Grande, il porto principale dove fanno scalo le nostre unità. Dall’alto, sulla facciata dell’edificio settecentesco in cui ha sede, si fa notare la scritta del rinomato Istituto Nautico “Francesco Caracciolo”, il più antico d’Europa, dove si sono formate generazioni di marittimi procidani, che navigano sulle rotte di tutti gli oceani.

Con una estensione che non raggiunge i 4 chilometri quadrati, Procida, il cui nome deriva dal greco Prochyta, ovvero “sollevata dalle acque”, è la più piccola delle isole dell’Arcipelago Campano e può essere esplorata anche a piedi o in bicicletta, partendo proprio dal porto. Oppure si può scegliere di girarla in barca, per ammirarne le magnifiche coste, ricamate dal mare e dal vento, che raccontano una intensa storia geologica e rivelano l’origine vulcanica condivisa con Ischia e con la gemella, verdissima Vivara, con le quali forma l’arcipelago delle Isole Flegree.

Senza alture di particolare rilievo, a imporsi nel panorama dell’isola è l’alto promontorio dominato dalla fortezza costruita nel ‘500 dal cardinale Innico D’Avalos, per difendere il borgo di Terra Casata, l’abitato più antico dell’isola, sorto nel luogo dove i procidani meglio potevano difendersi dalle continue incursioni dei pirati. In contemporanea anche il borgo venne fortificato, cambiando il nome in Terra Murata che gli appartiene ancora oggi. Nella fortezza i nobili D’Avalos, signori dell’isola, risiedettero per due secoli, prima che entrasse nella disponibilità dei re Borbone, che la utilizzavano durante i loro soggiorni sull’isola per la caccia. Nel 1832 venne riconvertita in prigione politica e in seguito in carcere per gli ergastolani fino al 1988. L’adattamento a carcere cambiò completamente l’impianto originario, di cui restano infatti poche tracce nell’edificio attualmente aperto al pubblico per visite guidate.

Il borgo storico di Terra Murata, formatosi intorno a un monastero benedettino, ne custodisce ancora l’abbazia dedicata a San Michele arcangelo, patrono dell’isola. Alle importanti opere d’arte della chiesa, si aggiunge il valore del complesso museale sottostante, con altre pregevoli opere e una biblioteca di ottomila volumi e varie rarità. Altro piccolo museo da vistare è quello dedicato a Graziella, la protagonista dell’omonimo romanzo firmato da Alphonse de Lamartine, che fece conoscere Procida in Europa. Ma meritano una sosta anche le altre chiese dell’isola, a cominciare dalla caratteristica chiesa di Santa Maria delle Grazie lungo il percorso che sale a Terra Murata.

La forte identità marinara dell’isola è presente ovunque, ma tra i luoghi imperdibili c’è l’antico e pittoresco borgo di pescatori della Corricella, con le sue case colorate che si specchiano nel mare della piccola baia occupata dal porticciolo peschereccio. Un altro piccolo approdo per il diporto è alla Chiaiolella, nella parte dell’isola che guarda Ischia e Vivara. Vicino a una delle numerose spiagge sabbiose dell’isola: Ciraccio con i suoi faraglioni di tufo, Chiaiolella, Chiaia, Silurenza e Lingua ai lati di Marina Grande, Asino, uno dei luoghi in cui è ambientato il romanzo “L’isola di Arturo” di Elsa Morante e il Pozzo Vecchio, nota anche come spiaggia del Postino, perché vi fu girata parte del famoso film con Massimo Troisi. Anticamente unita a Procida, prima che eventi vulcanici lo staccassero, l’isolotto di Vivara, collegato all’isola maggiore da un ponte, conserva tra terra e mare resti importanti dei villaggi di epoca micenea del XVI-XV a.C. Vivara è un’oasi naturalistica statale, coperta da una ricca vegetazione e punto di riferimento per l’avifauna sulle principali rotte migratorie.

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